Rischio caduta nell’anziano: la vecchiaia è un’età da preservare
Invecchiare è uno degli obiettivi di una società che vuole essere sana e, di conseguenza, longeva. Una tra le più diffuse problematiche per l’anziano e la qualità della vita nella terza età è rappresentata dal rischio di caduta e le conseguenze che ne possono derivare.
La salute degli anziani è un argomento di rilievo che ricopre sempre maggiore importanza all’interno di una società che sta vivendo una sorta di rivoluzione demografica. Si considera, infatti, che nell’anno 2000 al mondo c’erano circa 550/600 milioni di persone con più di 60 anni di età e, secondo alcuni studi, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi, fino ad arrivare a circa 2 miliardi di persone nel 2050. Motivo più che sufficiente per impegnarsi a preservare e custodire l’anzianità, quale uno dei principi cardine della collettività.
La “elderly”, ovvero la “terza età”, è il periodo ultimo del ciclo vitale umano: è quel momento in cui, tendenzialmente, le persone hanno raggiunto la cosiddetta “senescenza”, ovvero il processo organico di invecchiamento che limita le capacità rigenerative dell’organismo umano. È proprio a partire da questa età che il corpo e la mente divengono più sensibili a disagi, sindromi, lesioni e malattie.
La caduta nell’anziano e le conseguenze per la salute fisica e psicologica
Tra le problematiche di maggiore rilevanza per gli anziani troviamo una progressiva instabilità nell’equilibrio e, quindi, un maggiore rischio di cadute e le conseguenze che ne possono derivare. Questi fattori, difatti, sono all’origine di tassi di mortalità e morbilità elevati. Si tratta di una sindrome geriatrica che limita la mobilità e favorisce un ingresso prematuro in residenze assistite.
In Italia, nel 2002 è stato stimato che il 28,6% degli over 65 anni è soggetto a caduta nell’arco di un anno e il 60% delle cadute si verificano in casa, dove gli ambienti a maggior rischio sono: la cucina (25%), la camera da letto (22%), le scale interne ed esterne (20%) e il bagno (13%).
Le cadute possono avere conseguenze immediate, o tardive che tendono ad essere più severe con l’avanzare dell’età. Oltre ad un leggero infortunio, come un livido, uno strappo muscolare, o una slogatura, le cadute possono provocare lesioni più gravi, come fratture ossee, tagli profondi e persino danni agli organi. Le fratture più frequenti interessano il femore, il braccio, il polso e il bacino.
Il trauma più temuto ed incisivo è sicuramente quello relativo alla frattura del femore, la quale interessa ogni anno 90mila persone. Per 35mila di queste l’accaduto degenera in invalidità, con un’incidenza che è, inoltre, in crescita.
Gli esiti di una frattura femorale comportano anche un rischio di mortalità. Tale rischio è stimato in una misura di circa il 5% durante la fase acuta e il 15-25% entro un anno, mentre solo il 30-40% riacquista un’autonomia compatibile con le attività della vita quotidiana precedenti al trauma.
La caduta nell’anziano: un problema anche sociale ed economico
Il problema delle cadute nella popolazione anziana non è semplicemente legato all’elevata incidenza del fatto in sé, ma si tratta, piuttosto, di un insieme di fattori che ne facilitano il decorso degenerativo.
Difatti, secondo i dati raccolti dallo studio “Health and Retirement”, condotto per conto del “National Institute of Aging” statunitense, la crescita percentuale del verificarsi di cadute non è correlata unicamente ad un fattore demografico (i.e. all’età), ma anche ad una serie di fattori ambientali e personali, oltre che fisiologici.
L’incremento delle malattie croniche, l’uso di tranquillanti e/o antidepressivi (che tra gli effetti collaterali riportano anche vertigini e sonnolenza), le malattie neurologiche, quelle dell’apparato muscolo-scheletrico (come ad esempio l’osteoporosi), rappresentano tutte potenziali cause di un incremento nel rischio di caduta e di conseguenti lesioni.
Si tratta di aspetti che, tra l’altro, possono avere addirittura un peso maggiore sulla qualità della vita delle donne. È stato, inoltre, osservato che le lesioni da caduta costituiscono anche un grave onere, da un punto di vista economico, per il “Servizio Sanitario Nazionale“. La durata media dei ricoveri ospedalieri per fratture del femore di origine osteoporotica è la più lunga tra tutte le patologie acute.
L’influenza sulla salute psicologica
Anche l’aspetto emotivo-psicologico è un fattore rilevante, che può subentrare attraverso una “sindrome ansiosa post-caduta”. Questa sindrome spinge la persona a ridurre movimento ed attività in modo eccessivo proprio per la paura di cadere e ciò contribuisce alla riduzione della forza muscolare, favorendo una deambulazione anormale e un ulteriore aumento del rischio di caduta.
Inoltre, va anche considerato che la guarigione da una lesione, come per esempio può essere una frattura, è solitamente più lenta nelle persone anziane e ciò determina un maggiore rischio di cadute successive.
Una frattura importante a seguito di un incidente domestico spesso si può tradurre in una forma di disabilità e in severe ripercussioni psicologiche. Può accadere, infatti, che, a seguito della caduta, l’anziano subisca una perdita di sicurezza, che può essere causa a sua volta di un più rapido declino funzionale e di depressione.
L’importanza della prevenzione
Prevenire le cadute non significa solamente evitarle, o ridurne il numero, ma anche salvaguardare quanto più possibile l’autonomia e l’indipendenza dell’anziano, intervenendo in modo multifattoriale e attraverso un approccio medico di tipo valutativo e multidisciplinare.
La caduta accidentale connessa a pericoli presenti nell’ambiente domestico è tra le più diffuse; perciò, pensare ad una riprogettazione della casa a misura di anziano è, se possibile, senza dubbio il primo passo da adottare.
Per tutti coloro che mostrano precarietà nell’equilibrio, o nella camminata, sarebbe buona prassi sottoporsi a valutazione medica del sistema vestibolare, della forza muscolare degli arti inferiori, della sensibilità propriocettiva e della capacità visiva.
In questi casi, quindi, è importante rivolgersi, oltre che al proprio medico di base, anche ad altre figure, quali neurologo, cardiologo, fisiatra e fisioterapista.
Il fisioterapista è, infatti, quella figura sanitaria capace di contribuire a migliorare la deambulazione e l’equilibrio dei pazienti e a infondere loro nuova fiducia in se stessi dopo una caduta. Il fisioterapista può, inoltre, fornire suggerimenti su come evitare di cadere e può anche supervisionare l’allenamento e lo stretching, attenuando in modo significativo il rischio di caduta.
In conclusione, “invecchiare in salute” è un diritto di tutti e deve essere considerato un obiettivo delle attività di prevenzione utili al raggiungimento di una buona qualità della vita. La caduta in età senile interferisce con questo obiettivo e per tale motivo i pazienti anziani dovrebbero essere sottoposti a screening di routine per i fattori di rischio e affidarsi ad un programma di prevenzione delle cadute mirato e personalizzato.