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Doping: un fenomeno rischioso per la salute pubblica

Con il termine doping, come regolamentato dalla legge 376 del 14 dicembre 2000, si intende “la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti“.

La pratica del doping costituisce un inganno non solo verso gli avversari, ma anche verso se stessi. Sottoporre un fisico sano all’assunzione di farmaci e sostanze per il miglioramento della performance sportiva rappresenta un insulto alla propria salute.

Doping: rischi ed eccezioni

Numerosi studi dimostrano come l’assorbimento di sostanze quali anabolizzanti, stimolanti, o ormoni, possa compromettere il fisiologico funzionamento dell’organismo con effetti che, nella maggior parte dei casi, si manifestano solo nel lungo termine e che talvolta possono rivelarsi fatali.

Solo in presenza di condizioni patologiche certificate da un medico e verificata l’assenza di pericoli per la salute, all’atleta può essere consentita la partecipazione alla competizione sportiva, nonostante l’utilizzo di sostanze ritenute dopanti. Esclusivamente in casi come questo, il doping, rientrando in un quadro di trattamento terapeutico specifico, può essere considerato ammissibile nella pratica sportiva.

Doping: le origini

Potenzialmente coetaneo dello sport, il doping è un fenomeno presente già nell’antichità. Il termine deriva dalla parola inglese “dope, che, in principio, indicava una mistura di vino e tè assunta dagli schiavi americani per rimanere attivi e sostenere ore ed ore di duro ed estenuante lavoro.

Già Galeno descrisse nei suoi scritti le sostanze che gli atleti romani assumevano per migliorare la loro prestazione. A quanto pare, i gladiatori, prima di scendere nell’arena, assumevano sostanze “dopanti”: perlopiù preparati a base di frutta fermentata a elevato contenuto alcolico (allo scopo di conferire all’atleta uno stato di euforia e ridurre la paura).

Il doping in Italia e l’utilizzo in ambito sportivo

La storia dello sport italiano, purtroppo, non esula da casi in cui atleti di fama internazionale hanno fatto uso di sostanze vietate, al fine di aumentare le proprie prestazioni fisiche.

Nell’anno 2019 sono stati effettuati controlli antidoping su 325 manifestazioni sportive, per un totale di 1.245 atleti sottoposti a test, di cui 839 maschi (67,4%) e 406 femmine (32,6%) con un’età media di 27,5 anni.

Di questi 1.245 atleti sottoposti al controllo, sono 86 quelli che sono stati esaminati e, complessivamente, 33 quelli che sono risultati positivi al doping (23 maschi, 10 femmine).

Non è stata rilevata una significativa differenza di genere, ma gli atleti di sesso maschile hanno registrato una netta prevalenza (28,1%) nella positività ai cannabinoidi, mentre le atlete (27,3%) sono risultate positive ad agenti anabolizzanti, a diuretici e ad agenti mascheranti.

Dall’ultima rilevazione del 2021 delle Federazioni Sportive Nazionali (FSN), delle Discipline Sportive Associate (DSA) e degli Enti di Promozione Sportiva (EPS), il 3,5% degli atleti sottoposti a controlli è risultato positivo ai test antidoping, segnando un incremento nell’uso di agenti dopanti rispetto al 2018 e al 2019, quando i positivi erano il 2,2%, e il 2,7%, rispettivamente.

Inoltre, è importante ricordare che questi numeri potrebbero non disegnare un quadro effettivamente esaustivo della diffusione dell’utilizzo di sostanze dopanti, poiché gli amatori tendono ad essere esclusi dalle rilevazioni, non partecipando a competizioni agonistiche e non essendo necessariamente iscritti a federazioni o associazioni.

Doping amatoriale: un allarme da non sottostimare

Il doping amatoriale, anche detto doping della domenica” risulta purtroppo essere una pratica pericolosamente diffusa e dilagante.

Traboccata dallo sport a livello professionistico fino ai centri fitness, il doping è divenuta un’insana abitudine anche per tanti frequentatori di palestre. Questo tipo di realtà, purtroppo, tende ad emergere solo a seguito di fatti di cronaca più o meno clamorosi, essendone il monitoraggio raro al di fuori dei contesti professionistici.

È un’attività dai rischi sottostimati legati anche alle modalità di reperimento delle sostanze: gli utilizzatori ricorrono spesso all’acquisto online, od attraverso canali alternativi, fatto che comporta una pressoché totale assenza di particolari accertamenti relativi alla qualità del prodotto.

Secondo alcune ricerche, circa l’80% dei “dopati della porta accanto” hanno un’età tra i 20 e i 30 anni, età che, al di fuori della percentuale indicata, può scendere fino ai 15 anni. Casi, questi ultimi, in cui il doping può comportare rischi ancor maggiori, incrementando le potenziali ripercussioni durante lo sviluppo e più a lungo termine.

È importante accendere i riflettori sul “doping della domenica”: un fenomeno sempre più praticato, parallelamente all’aumentata diffusione della vigoressia, un disturbo alimentare in cui l’attenzione ossessiva non è solamente focalizzata sulla perdita di peso, ma anche sull’ottenere un fisico scolpito nei minimi dettagli.

Doping: le sostanze utilizzate e i “side effects

In generale, le sostanze dopanti più diffuse sono:

  • Stimolanti per migliorare le prestazioni sportive;
  • Ormoni per aumentare la massa muscolare;
  • Insulina, in quanto sostanza anabolizzante.

Si tratta di farmaci molto pericolosi, poiché in grado di aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, tumori epatici, stress, sbalzi di umore, patologie dell’apparato riproduttivo, nonché della disfunzione erettile precoce.

Un’altra pratica altrettanto pericolosa è l’autoemotrasfusione, ovvero il prelievo del proprio sangue e la sua reintroduzione nell’organismo, dopo l’immissione di componenti dopanti.

Regolamentazione e controlli

Il ricorso al doping è un’infrazione sia dell’etica sportiva, sia della scienza medica. Vi sono, infatti, regolamenti sportivi che lo vietano e lo disciplinano, obbligando gli atleti a sottoporsi ai controlli antidoping attraverso l’analisi delle urine e del sangue. Gli atleti che risultano positivi alle analisi vengono squalificati per un periodo più, o meno lungo e, in casi di ricaduta, vengono squalificati a vita.

L’Agenzia Mondiale Anti-Doping, oltre ad essere responsabile dei programmi internazionali efficaci nelle competizioni per lo screening degli atleti, si occupa dell’aggiornamento costante di un elenco delle sostanze e dei metodi che sono incompatibili con gli ideali dello sport e che dovrebbero essere vietati nella competizione atletica.

L’importanza di prevenzione e informazione

Il doping è un serio problema per la salute pubblica e per lo sport, ma, nonostante ciò, c’è ancora poca consapevolezza dei rischi a cui si va incontro. La presenza di una componente “fai da te” importante, inoltre, rende questo fenomeno ancor più pericoloso per la salute e la vita stessa. È necessario chiarire quanto stimolanti ed anabolizzanti possano essere nocivi per l’organismo, comportando un prezzo da pagare molto elevato e che, spesso, si manifesta a distanza di tempo, rendendo pressoché impossibile un recupero tempestivo ed efficace.

Prevenzione, formazione ed informazione devono essere promosse a più livelli: dall’ambito familiare e scolastico, a quello delle società sportive e del Servizio Sanitario Nazionale.