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Propriocezione: il nostro “sesto senso” neurofisiologico

Indice

  1. Propriocezione: un senso inconscio

  2. L’allenamento propriocettivo: cos’è e perché è importante

  3. Come si eseguono gli esercizi propriocettivi

  4. Riabilitazione ed educazione alla propriocezione: gli infortuni (anche sportivi)

  5. La propriocezione in fisioterapia

  6. Propriocezione e prevenzione

La propriocezione, altrimenti detta il “sesto senso”, è la percezione della posizione del nostro corpo nello spazio che ci consente di eseguire azioni e gesti coordinati, indipendentemente dalla vista, sia durante il mantenimento di posture statiche che durante il movimento.

Propriocezione: un senso inconscio

Si tratta di un senso “extra”, seppur completamente inconscio, in quanto, a differenza degli altri cinque, è regolato da una parte specifica del cervello. La sua funzione è quella di raccogliere informazioni dai muscoli e dalle articolazioni sui nostri movimenti, la nostra postura e la nostra posizione nello spazio, e poi trasmetterle al nostro sistema nervoso centrale.

La propriocezione è, dunque, un complesso meccanismo neurofisiologico reso possibile dalla presenza di specifici recettori, chiamati “propriocettori”, e l’efficacia di ogni gesto che compiamo giornalmente è garantita proprio da tale meccanismo.

Quando si subisce un trauma, trattandosi di un evento che esce dagli schemi fisiologici delle articolazioni, il sistema propriocettivo si altera e le sensazioni e le risposte motorie sono diverse da quelle che si avvertono in una situazione di normalità. Per esempio, una persona che incontra una problematica alla caviglia (e.g. distorsione, tendinite, intervento chirurgico al ginocchio) e che non è più in grado di appoggiare il piede correttamente, inizierà a zoppicare.

Nei casi più gravi di distorsione alla caviglia, per riguadagnare elasticità a livello di muscoli e tendini, il recupero fisiologico inizia ben prima di appoggiare il piede a terra. L’appoggio del piede al suolo avviene successivamente e, solitamente, in maniera autonoma.

L’allenamento propriocettivo: cos’è e perché è importante

La ginnastica propriocettiva supporta il recupero della capacità di rispondere in maniera adeguata agli stimoli, che sono variabili e provengono sia dal terreno, sia dalla pratica sportiva. Questo tipo di attività permette di capire come le nostre articolazioni, dopo un trauma, siano in grado di riacquistare la loro corretta capacità funzionale.

L’esecuzione di esercizi a difficoltà graduale, progressiva, di lunga durata e con l’ausilio di attrezzature specifiche è alla base della ginnastica propriocettiva, il cui scopo è quello di produrre stimoli continui e ripetuti che educhino ed allenino le strutture neuro-motorie.

La rieducazione propriocettiva viene eseguita con tavolette basculanti, utilizzabili con entrambi i piedi (i.e. bipodaliche), o con un piede solo (i.e. monopodaliche), con le quali è possibile allenare l’equilibrio attraverso l’assistenza di un fisioterapista.

Come si eseguono gli esercizi propriocettivi

Tutti gli esercizi propriocettivi devono essere svolti a piedi nudi, soprattutto nelle prime fasi, e, per intensificare l’allenamento, è possibile adottare un’esecuzione ad occhi chiusi, o in abbinamento ad altri esercizi.

Il nostro equilibrio è controllato anche dalla vista e dall’apparato vestibolare, i quali ricevono le informazioni dal mondo esterno e, attraverso i propriocettori, forniscono al nostro organismo le informazioni esatte sulla posizione del corpo nello spazio.

Riabilitazione ed educazione alla propriocezione: gli infortuni (anche sportivi)

La pratica sportiva prevede un’estrema attenzione alla “qualità” del gesto motorio: uno sport svolto correttamente, infatti, permette di ottenere la massima performance e, allo stesso tempo, di evitare traumi ed infortuni.

La stimolazione propriocettiva è, quindi, di fondamentale importanza per tutti coloro che pratichino un’attività sportiva, garantendo un miglior controllo dell’attività muscolare, una maggiore stabilità articolare, una maggiore resistenza ai microtraumi, un maggior senso dell’equilibrio e, oltretutto, essendo particolarmente utile per la prevenzione di infortuni.

Pensando alla sensibilità propriocettiva della caviglia, il training basato su sollecitazioni controllate ed applicate alle articolazioni è molto importante per svariate tipologie di sportivi, come, ad esempio, danzatori, calciatori, runner, marciatori, pallavolisti e sciatori.

La propriocezione in fisioterapia

Attraverso un adeguato intervento fisioterapico e un’adeguata rieducazione propriocettiva è possibile ripristinare il normale meccanismo di propriocezione. Difatti, la riabilitazione propriocettiva ingloba tutte quelle tecniche ed esercizi utilizzati in fisioterapia che hanno lo scopo di recuperare e migliorare la propriocezione del nostro corpo.

Per raggiungere questo obiettivo, la fisioterapia utilizza tecniche manuali di mobilizzazione passiva, o assistita, e specifici esercizi attivi allo scopo di stimolare i recettori periferici che vanno a correggere e migliorare il movimento fisiologico.

Una delle tecniche utilizzate in fisioterapia è lo “schema di Panjabi” ovvero una piramide creata dallo studioso Panjabi nel 1992 secondo cui la stabilità di un’articolazione è garantita da tre elementi: anatomici, muscolari e propriocettivi.

Per una valutazione propriocettiva, al fine di costruire un protocollo di esercizi specifici, il fisioterapista valuta nel soggetto:

  • La sensibilità propriocettiva generale;
  • L’equilibrio statico bipodalico;
  • L’equilibrio statico monopodalico;
  • L’equilibrio dinamico bipodalico;
  • L’equilibrio dinamico monopodalico;
  • Il controllo del tronco e di tutta la parte superiore del corpo.

Propriocezione e prevenzione

Diversi studi presenti in letteratura basati sull’instabilità quantificabile dimostrano come un controllo propriocettivo può ridurre il rischio di distorsioni della caviglia, distorsioni del ginocchio e lombalgia. La stimolazione propriocettiva è, perciò, di fondamentale importanza per la prevenzione di infortuni.

Non sempre ci si accorge di avere una scarsa propriocezione. Quando si cammina su superfici instabili, si può avere la sensazione di stare per perdere l’equilibrio e talvolta, si può addirittura cadere e/o riscontrare problemi con quei compiti motori che richiedono precisione di movimento.

Il fisioterapista è la figura professionale che può valutare l’equilibrio e la propriocezione, prescrivere degli esercizi che aiutino a migliorarla ed educare il paziente alla comprensione della propriocezione, fattore chiave per ottenere una efficiente stabilità statica e nei movimenti.

Alluce valgo: la nostra salute parte dal piede

 

Indice

  1. La struttura ossea del piede

  2. Alluce valgo: cos’è?

  3. Alluce valgo: cause, sintomi e diagnosi

  4. Alluce valgo e gravidanza

  5. L’approccio del fisioterapista

  6. La nostra salute parte dal piede

L’alluce valgo è una patologia che affligge numerose persone, soprattutto donne, e che può comportare una sintomatologia dolorosa, dovuta ad alterazioni della struttura ossea interna del piede, le quali sono anche causa di deformazioni estetiche dell’arto stesso.

Tra i principali rimedi troviamo la chirurgia, ma anche trattamenti non chirurgici, di tipo conservativo e riabilitativo, per cui la fisioterapia può rappresentare un valido alleato.

La struttura ossea del piede

Il piede è quella struttura anatomica posta all’estremità dei nostri arti inferiori ed è composto da numerose ossa, legamenti, muscoli, articolazioni e tendini. Esso rappresenta una componente fondamentale per il supporto del corpo e l’elemento anatomico più importante per espletare questa funzione è proprio la sua struttura scheletrica.

Le ossa del tarso, del metatarso e le falangi sono i principali elementi costituenti la struttura scheletrica del piede, che contribuiscono in maniera significativa alle funzioni di sostegno, equilibrio e deambulazione del corpo umano.

Le conseguenze derivanti dal sottovalutare una problematica ai piedi possono essere svariate e di diversa entità: un piede dolorante può ridurre il movimento e portare ad un aumento di peso, oppure può causare l’assunzione di una postura scorretta, aumentando il rischio di cadute e, conseguentemente, di fratture.

Tra le condizioni mediche che possono colpire il piede troviamo, quindi: fratture ossee, distorsioni, deformità, malattie delle unghie, calli, duroni, tilomi, forme di artrite, neuroma di Morton e… l’alluce valgo.

Alluce valgo: cos’è?

Il termine “valgo” deriva dal latino e significa “allontanato dalla linea mediana del corpo”. L’alluce valgo, infatti, si forma quando l’osso al quale è collegato si sposta dalla sua posizione naturale per inclinarsi verso l’interno e il primo osso metatarsale del piede, invece, sporge invece verso l’esterno.

Questo inclinamento determina un gonfiore localizzato e doloroso alla base dell’alluce (la cosiddetta “cipolla”), con annessa infiammazione della borsa vicina (i.e. borsite) e innescando un processo degenerativo delle articolazioni (i.e. artrosi). Inoltre, quando questo gonfiore è molto pronunciato, può causare una deviazione della parte anteriore del piede dal suo asse, causando talvolta un’alterazione della postura e contribuendo così ad una serie di ripercussioni su altre parti del corpo, quali il ginocchio, il bacino e la colonna vertebrale.

Una patologia diffusa e, tipicamente, femminile

Come evidenziato da alcune statistiche, l’alluce valgo è una patologia che in Italia colpisce il 23% della popolazione tra i 18 e i 65 anni.

È una deformazione che tende a comparire in età matura, o senile, e che riguarda soprattutto le donne. Difatti, secondo i dati della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), il 40% delle donne italiane ne soffre con un’incidenza di ben otto volte superiore rispetto agli uomini.

Le ragioni che possono portare alla comparsa di questo disturbo sono molteplici e vanno da fattori ereditari sino all’utilizzo di scarpe inadeguate.

La causa dell’insorgere di questa malattia, nel 90% dei casi è di natura biomeccanica, ma solitamente l’origine vera e propria è nella parte posteriore del piede, ovvero nell’articolazione sottoastragalica del retropiede.

Alluce valgo: cause, sintomi e diagnosi

Altre cause, non di natura congenita, ma acquisita, che possono comportare la comparsa dell’alluce valgo, sono, ad esempio: l’utilizzo di calzature non adeguate, lesioni a carico del piede, alterazioni della postura, problemi di tono muscolare, malattie osteoarticolari, sovrappeso, alcuni tipi di artrite e malattie neuro-muscolari e del tessuto connettivo. E, se non curato, in alcuni casi, l’alluce valgo può anche indurre a complicazioni come l’artrosi dell’articolazione metatarso-falangea.

Seppur l’alluce valgo possa presentarsi come un semplice difetto estetico, la cosiddetta “cipolla”, può invece risultare molto dolorosa a causa dell’attrito con la calzatura. Inoltre, la deviazione dell’alluce può coinvolgere anche il secondo dito e le altre dita del piede, causando ulteriori deformità come, ad esempio, le dita a martello e/o l’accavallamento delle dita.

Sintomatologia e diagnosi

La sintomatologia può variare da persona a persona. Per alcuni pazienti il dolore si presenta nel secondo dito, piuttosto che nell’alluce e per alcuni è di tipo violento, pur senza avere significative deformità. In generale, comunque, l’alluce valgo è caratterizzato dalla presenza di diversi sintomi.

La diagnosi viene effettuata attraverso una visita medica, atta a valutare attentamente conformazione e capacità di movimento dell’alluce, col fine di indicare il tipo di rimedio più adatto al caso specifico.

Solitamente, la soluzione chirurgica è quella consigliata per correggere la deformità. Ove possibile, però, viene suggerito un tipo di trattamento non chirurgico, ma conservativo, che può essere efficace per intervenire sulla sintomatologia dolorosa, migliorando la vita quotidiana, ma senza correggere la deformità.

I rimedi non chirurgici includono:

  • L’assunzione di farmaci;
  • Trattamenti fisioterapici e la pratica di alcuni esercizi appositi per alleviare il dolore, oltre che per migliorare la funzionalità dell’articolazione;
  • L’uso di plantari, che aiutano a scaricare il peso in maniera equilibrata;
  • L’utilizzo di tutori e calzature comode a pianta larga.

Alluce valgo e gravidanza

Un fattore tipicamente femminile, non sempre conosciuto e che spesso può indurre a questo tipo di problematica è la gravidanza.

Durante la gestazione la donna va incontro ad un aumento di peso consistente, che spesso favorisce l’assunzione di una postura errata. Con il procedere della gravidanza, infatti, l’inclinazione del bacino cambia, portando ad una variazione anche posturale.

Lo spostamento del baricentro coinvolge tutto l’assetto corporeo, la camminata e, quindi, anche i piedi. In questa fase, la donna va, inoltre, incontro a mutamenti di tipo ormonale. Alcuni di essi, e più precisamente quelli relativi agli estrogeni e alla relaxina, hanno tra le loro funzioni quella di rendere i legamenti più elastici (rendendo elastico il tessuto di cui essi sono composti), i quali tendono così ad allargarsi e a subire il cedimento della volta plantare trasversale, favorendo l’insorgenza dell’alluce valgo, o il peggioramento di quello già esistente.

L’approccio del fisioterapista

La fisioterapia può giocare un ruolo chiave nella risoluzione dell’alluce valgo, sia nella fase conservativa, che in seguito ad un intervento chirurgico.

Abitualmente, il trattamento dell’alluce valgo inizia con la scelta di calzature specifiche. La figura del fisioterapista è in grado di consigliare le scarpe migliori per la condizione del paziente, ma può anche valutare l’utilizzo di dispositivi appositi, come i distanziatori delle dita, o speciali cuscinetti.

Le modifiche alle calzature e l’uso di tutori possono consentire di riprendere praticamente sin da subito la normale camminata e il fisioterapista può, inoltre, suggerire lo svolgimento di attività adeguate, che consentano un recupero ed un mantenimento efficaci.

Una delle tecniche utilizzate dal fisioterapista è la “mobilizzazione delle articolazioni della punta del piede”, in grado di aiutare i tessuti ad allungarsi dolcemente e le articolazioni a muoversi con normalità.

Il fisioterapista, se necessario, può prescrivere alcuni esercizi di allungamento e rinforzo del piede per combattere la progressione della deformità e/o esercizi per rafforzare i muscoli atti a sollevare l’arco plantare e migliorare la propriocezione.

Alluce valgo: la fisioterapia preventiva e riabilitativa

L’approccio fisioterapico può essere di due tipi: preventivo e riabilitativo.

La fisioterapia preventiva ha come obiettivo quello di limitare l’aggravarsi della comparsa della patologia. Un intervento fisioterapico tempestivo che funge da “educatore” può ripristinare la corretta anatomia del dito e del piede. Il fisioterapista, infatti, va ad istruire il paziente sulle abitudini corrette da adottare, sugli esercizi da svolgere in autonomia e su quali comportamenti evitare.

La fisioterapia riabilitativa, d’altro canto, si mette in atto quando è necessario rendere di nuovo funzionale la struttura danneggiata e viene eseguita nel momento in cui si presentano dolore, borsite, infiammazione, eritema cutaneo, mobilità ridotta.
Infine, allo scopo di ridurre la sintomatologia, il fisioterapista può anche affidarsi a terapie manuali e fisiche specifiche come: la Tecarterapia, la laserterapia e gli ultrasuoni.

La fisioterapia post-chirurgia

Attraverso l’operazione chirurgica si interviene sulla deformità e il recupero della biomeccanica del piede, riportando il più possibile la struttura del piede ai livelli fisiologici iniziali.

Questo, però richiede un periodo di immobilità a seguito del quale è opportuno effettuare un ciclo fisioterapico, al fine di riprendere la mobilità del dito, evitare la formazione di aderenze cicatriziali e recuperare la deambulazione con esercizi di stretching e di rinforzo.

La nostra salute parte dal piede

Essendo il piede considerato l’estremità ultima del nostro corpo, potrebbe risultare alquanto paradossale pensare che la nostra salute possa partire proprio dal piede stesso. Tuttavia, è proprio questa estremità a farsi carico del peso corporeo e a permetterci, fisicamente, il movimento, mantenendo l’equilibrio e agendo sulla circolazione venosa e linfatica.

Basti pensare che la nostra intera struttura scheletrica viene sostenuta dai tre punti fondamentali del piede: il calcagno, la base dell’alluce e il mignolo; ed è per tale ragione che prendersi cura della salute dei piedi è un’abitudine sana ed essenziale.

“Mani che curano”: la chiropratica

Il corpo umano è un sistema molto complesso, basato su funzionamento e funzionalità calibrati (per natura) alla perfezione.

Nel corso della vita è normale, però, andare incontro a traumi, assumere posture errate, subire operazioni, oltre che dover anche fare i conti con altri tipi di fattori, come l’inquinamento ambientale, cibi addizionati artificialmente e stress emotivo, i quali generano disfunzioni che spesso si traducono in problemi riscontrabili in fastidi e dolori, come il mal di schiena.

Per affrontare e risolvere questo tipo di problematiche, senza dover ricorrere all’uso di farmaci, si può far riferimento all’aiuto di una professione sanitaria, basata sulla disciplina olistica, che si occupa della salute della persona nella sua interezza: la chiropratica.

Con il termine ”chiropratica” si intende una tipologia di medicina alternativa incentrata sulla manipolazione manuale della colonna vertebrale e sul benessere della persona, che trova il suo fondamento nell’equilibrio coesistente tra aspetto biochimico, strutturale e psicologico.

Quando la comunicazione tra sistema nervoso centrale (i.e. cervello e midollo spinale), muscoli e organi periferici funziona, i tre aspetti sopracitati lavorano in armonia e la persona è considerata essere in buona salute.

Una corretta struttura, allineamento e funzionalità della colonna vertebrale, quindi, sono necessari per il giusto funzionamento ed equilibrio dell’apparato neuro–muscolo-scheletrico ed è proprio su questo principio che si fonda la chiropratica.

Si calcola che, tra vita sedentaria e posture scorrette, l’80% della popolazione adulta soffra almeno una volta nella vita di lombalgia e cervicalgia e proprio per tale ragione, sempre più persone, oggigiorno, si affidano alle mani sapienti del chiropratico.

Chiropratica: un po’ di storia

Il termine “chiropratica” deriva dall’unione di due parole greche: “keir” e “praxis“, “mano” e “azione”. Di conseguenza, il significato letterale di chiropratica è “azione manuale“, o “azione con le mani“.

Secondo la definizione fornita dal Consiglio Generale di Chiropratica (General Chiropractic Council, o GCC), questa forma di medicina alternativa rappresenta “una professione sanitaria che ha interessi per la diagnosi, il trattamento e la prevenzione delle malattie meccaniche del sistema muscolo-scheletrico e per gli effetti che le suddette malattie hanno sulle funzioni del sistema nervoso e sullo stato di salute generale“.

Portata alla luce nel 1895 dal suo fondatore, il canadese Daniel David Palmer, la chiropratica ottenne i primi riconoscimenti da parte delle comunità mediche e da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) solo negli anni ’90. In Italia, il suo riconoscimento legale risale al 2007. Nel corso degli anni, la chiropratica è stata riconosciuta anche dalla medicina classica in molti paesi del mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, è una terapia rimborsata dal sistema sanitario pubblico.

Per Daniel David Palmer molte malattie e disturbi muscolo-scheletrici sono il frutto di disallineamenti della colonna vertebrale, che non consentono al flusso di “energia vitale”, insito all’interno del corpo e generatore di salute, di scorrere fluentemente nell’organismo.

Cosa fa il chiropratico?

Il dottore in chiropratica, utilizzando criteri basati sulla biomeccanica e sulla neurologia, attraverso tecniche manuali sofisticate, riesce ad individuare le disfunzioni primarie e, conseguentemente, ad agire ripristinando il giusto funzionamento della colonna vertebrale, dell’apparato muscolo scheletrico e del sistema nervoso.

Riconducendo i problemi strutturali del corpo a squilibri tra articolazioni e nervi, e in particolare a quelli che riguardano la colonna spinale, il chiropratico, tratta il disturbo agendo a livello della colonna, così da evitare che possa interferire con i nervi presenti, provocandone la sublussazione e dando luogo a vari sintomi, come ad esempio: mal di schiena, dolore alla cervicale, cefalea, dolori alle spalle e collo, parestesia agli arti, sciatalgie, disturbi del ciclo mestruale e diversi altri disagi.

Oltretutto la chiropratica non cura solo il benessere del corpo, ma anche quello della mente attenuando i disturbi legati alla depressione e all’ansia.

Prima visita e trattamento

La peculiarità del lavoro svolto dal chiropratico è rappresentata dalla cosiddetta “manovra di aggiustamento”, che, con il ripristino del corretto stato della colonna, conduce il corpo all’auto-guarigione. È proprio durante la manovra di aggiustamento che avviene il caratteristico “scrocchio“, detto “scroscio articolare”, provocato dalla improvvisa diminuzione della pressione intra articolare con annessa produzione di formazioni gassose all’interno del liquido sinoviale delle articolazioni.

Durante la prima visita il chiropratico fa una valutazione ortopedica, neurologica e funzionale del paziente per capire se è idoneo ad essere sottoposto ai trattamenti. Normalmente, le sedute si svolgono con cadenza settimanale per poi, lentamente, distanziarsi su archi temporali maggiori. Quando la situazione si è stabilizzata, è molto utile fare dei controlli regolari, per poter mantenere le correzioni nel corso del tempo e, soprattutto, per evitare una recidiva.

Accade, a volte, che dopo il primo trattamento i sintomi si possano acutizzare. È bene ricordare che ciò è assolutamente normale, poiché il corpo sta reagendo, passando per un periodo di transizione, prima di raggiungere l’equilibrio dovuto.

Come si diventa dottore in chiropratica?

La carriera di chiropratico dura da cinque a sei anni universitari, al termine dei quali si diventa “dottore in chiropratica”. Attualmente, il laureando italiano in chiropratica non ha altra alternativa che quella di frequentare una università straniera riconosciuta e pertanto deve dimostrare una buona conoscenza della lingua inglese.

La chiropratica è anche una pratica di prevenzione

Spesso ci si abitua ad uno status, pensando di stare bene, senza rendersi conto che si potrebbe stare ancora meglio.

Dovremmo sempre più spesso ricordare che il dolore è il fine di un processo molto complicato e che già sin dal primo segnale, seppur lieve, deve essere visto come un avvertimento da parte del corpo.

Va, infatti, sottolineato che le problematiche posso presentarsi anche molto prima della comparsa del dolore e perciò sarebbe opportuno considerare la chiropratica anche da punto di vista preventivo, ambito in cui risulta essere molto utile ed efficace.

Un controllo chiropratico periodico, anche in assenza di sintomatologia dolorosa, migliora l’assetto dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico e fa sì che possano essere evitati disturbi fastidiosi, o dolorosi come il mal di schiena e ulteriori, spesso invalidanti, problemi che ne conseguono.

Giornata mondiale della salute: tra equità e prevenzione

“Salute per tutti” (“Health For All”), è il tema scelto per la Giornata mondiale della salute 2023 che ricorre il 7 aprile di ogni anno, data contigua alla Giornata mondiale dell’attività fisica che si celebra il 6 aprile (sostenuta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite). Due date correlate per evidenziare l’importanza del tema volto al benessere a 360 gradi dell’individuo.

Essendo di fondamentale importanza per una vita degna di essere vissuta a cospetto della collettività a cui apparteniamo, essere in salute non rappresenta solo un fatto personale, ma anche sociale. Difatti, la salute di ognuno di noi ha un impatto diretto sulla società, contribuendo allo status di salute collettivo.

Una giornata per l’abbattimento delle barriere sanitarie

Istituita nel 1948 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che quest’anno celebra 75 anni di miglioramento della salute pubblica, questa giornata mette in evidenza l’importanza di affrontare ed eliminare le disuguaglianze e richiama l’attenzione sulla necessità di una visione più ampia del concetto di salute.

L’OMS ha sollecitato nella sua costituzione la salute come diritto fondamentale di ogni essere umano oltre che come fondamento della pace e della sicurezza. Con l’istituzione di questo giorno si vuole anche dare un’opportunità per affrontare le sfide sanitarie di oggi e di domani. Si vuole, inoltre, mantenere il mondo sicuro e abbattere le barriere geografiche, di modo che tutti, ovunque, possano godere del diritto dei più alti standard di salute e benessere possibili.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 menziona la salute come elemento essenziale per un tenore di vita adeguato; diritto altresì riconosciuto come umano nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966. Si tratta perciò, di un diritto fondamentale per tutti gli Stati, i quali non si risparmiano nel difenderlo anche attraverso dichiarazioni internazionali, leggi e politiche nazionali.

Come stabilito dall’Art. 32 della Costituzione Italiana, l’OMS vede il diritto alla salute come un diritto che non si limiti alla sola assenza di malattia, ma che comprenda anche il benessere fisico, mentale e sociale. Ha quindi una rilevanza inestimabile ed è una componente necessaria per poter condurre una vita dignitosa.

La Giornata mondiale della salute e il gap di accessibilità tra paesi ricchi e poveri

Nonostante il susseguirsi nel corso del tempo di leggi e di sviluppi, purtroppo le disuguaglianze sanitarie continuano ad esistere e, oltre che incentivare il divario di equità, minacciano anche i progressi compiuti fino ad oggi. Questa giornata dedicata alla salute costituisce anche una strategia per indirizzare una maggiore attenzione verso i gruppi più vulnerabili ed emarginati.

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 ha rimarcato ancora una volta la crepa esistente fra i diversi paesi del mondo. Alcuni hanno dimostrato di disporre di risorse economiche ed istituzioni in grado di resistere alle ondate del contagio, mentre in altri la diffusione del virus ha contribuito ad inasprire ulteriormente le condizioni di povertà della popolazione.

Esistono, quindi, tutt’oggi, delle situazioni in cui garantire il rispetto del diritto alla salute è ancora difficoltoso. Basti pensare all’approvvigionamento dei vaccini: i paesi ricchi hanno potuto ottenerne in quantità adeguata rispetto alla densità della popolazione, a differenza dei paesi più poveri ed instabili che non godono ancora di sistemi sanitari efficienti.

Un esempio ci viene fornito da realtà come l’Africa subsahariana e l’Asia meridionale, che risultano essere le più colpite da questo problema. Si tratta di paesi che, da soli, contano la metà dei decessi infantili nel mondo: sono oltre 13 milioni i bambini di età inferiore ai 5 anni che ogni anno muoiono per malattie che avrebbero potuto essere prevenute, o curate.

La prevenzione: un diritto ed un dovere fondamentale per il bene collettivo

La medicina è da sempre legata alla prevenzione. Già Ippocrate (460 a.C. – 377 a.C.), il padre della medicina, individuò in alcune abitudini alimentari il fondamento per mantenersi in buona salute.

Condurre uno stile di vita sano è imprescindibile dall’essere in salute. Se si vuole stare bene la parola chiave è cooperare. Se una persona contamina l’ambiente che frequenta, la probabilità che anche gli altri si ammalino aumenta e più persone si ammalano, più basse potrebbero essere le opportunità di cura che vengono garantite. La salute, inoltre, è al contempo locale e globale: per stare bene a livello globale dobbiamo assicurarci un buon livello di salute locale.

Per poter raggiungere tale obiettivo l’azione da adottare è anzitutto quella della prevenzione, che deve essere uno scenario “vivo”, un modo radicato di pensare, di agire e di fare salute e non solo un pensiero, o un concetto di cui si sente parlare.

Tantissimi sono gli studi scientifici che hanno dimostrato l’importanza della prevenzione per ridurre l’incidenza delle malattie e la mortalità. Quasi l’80% dei casi di malattie cardiache ed ictus potrebbero essere prevenuti. Anche malattie come il diabete di tipo 2, alcuni tipi di tumori e di demenze si possono prevenire con una diagnosi precoce.

Salute, prevenzione ed informazione: un progetto più ampio

In questo contesto, l’OMS e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mirano a potenziare le capacità delle persone di fare scelte responsabili per il proprio benessere. Indire la Giornata mondiale della salute è la fase iniziale di un progetto più ampio volto all’informazione sull’importanza non solo della salute, ma anche del fare periodicamente prevenzione, per far sì che maturi in ognuno di noi uno status di consapevolezza.

All’interno di questo progetto, la prevenzione e la promozione della salute vengono veicolate non solo attraverso l’importanza della diagnosi precoce ed il ruolo fondamentale delle vaccinazioni, ma anche attraverso una consapevolezza di quelli che sono i fattori di rischio comportamentali, che possono essere modificati: dal contrasto alle disuguaglianze all’azione sinergica di vari settori a livello sociale, economico ed ambientale. Una prevenzione e una promozione della salute in grado di abbracciare il concetto dello star bene ad ampio raggio, garantendo, così, buone condizioni di vita per tutti.

Fisioterapia: storia, ambiti di intervento e prevenzione

Sempre più di frequente al giorno d’oggi si soffre di mal di schiena, un disturbo spesso trascurato, ma in continuo aumento, poiché l’adozione di abitudini poco sane si ripercuote puntualmente sulla salute della colonna vertebrale, incidendo sulla qualità della vita.

Secondo i dati del “Global Pain Index”, il 97% degli italiani è affetto da dolore muscolo-scheletrico, che è generalmente riconducibile al mal di schiena (quest’ultimo al terzo posto tra le principali cause di assenza dal lavoro).

Recuperare le funzioni fisiche compromesse, o messe in pericolo da un trauma, una malattia, o da una disabilità richiede un approccio terapeutico basato su trattamenti ed esercizi, nonché sull’educazione del paziente. Oltre al recupero prettamente funzionale, anche una corretta informazione è un obiettivo cardine della fisioterapia, col fine di aiutare i pazienti a prendersi cura di loro stessi e della loro salute nel modo migliore possibile.

La fisioterapia: qualche cenno storico

La fisioterapia è una disciplina che ha origini molto antiche. Difatti, sin dal 480 a.C., lo stesso Ippocrate, il “padre della medicina”, già curava i suoi pazienti con trattamenti come massaggi, manipolazioni e persino attraverso l’idroterapia.

Oggigiorno, con “fisioterapia”, o “fisiokinesiterapia”, si identifica una branca della medicina nata tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento grazie al contributo del medico Pehr Henrik Ling, il quale inventò la cosiddetta “ginnastica svedese”.

Resa ufficiale proprio presso il “Consiglio Nazionale Svedese per la salute e il welfare e finalizzata al coinvolgimento del paziente tramite l’educazione e la consapevolezza, la fisioterapia è oggi divenuta una pratica sempre più diffusa, poiché in grado di agire positivamente su diversi disturbi e patologie, senza ricorrere all’uso di farmaci.

La figura professionale del fisioterapista

Ancora oggi, durante la pratica terapeutica, il metodo più comunemente usato dal fisioterapista è quello della forza meccanica esercitata con l’uso delle mani sul corpo del paziente. A questo può essere integrato anche l’utilizzo di mezzi meccanici, quali, ad esempio, la fototerapia, la termoterapia, o l’elettroterapia.

Il contributo che il fisioterapista può dare alla salute delle persone e ai casi che necessitano di riabilitazione è notevole, tant’è che l’8 settembre di ogni anno ricorre la “Giornata mondiale della fisioterapia”.

Quella del fisioterapista costituisce una figura professionale che supporta lo sviluppo e facilita il recupero muscolo-scheletrico, consentendo alle persone di poter vivere la propria quotidianità serenamente.

Cosa cura il fisioterapista?

Il fisioterapista, su prescrizione del medico, oltre che contribuire alla prevenzione di disturbi e patologie, può agire direttamente sul disturbo già presentatosi, seguendo il paziente durante tutto il percorso di recupero.

Tra i vari ambiti di competenza ed intervento di un fisioterapista ci sono:

  • Mal di schiena, o lombalgia;
  • Sciatalgia, o lombosciatalgia;
  • Cervicalgia;
  • Riabilitazione post-intervento;
  • Cervicobrachialgia;
  • Sindrome del tunnel carpale;
  • Ernia del disco;
  • Colpo di frusta;
  • Lombalgia acuta, o “colpo della strega”;
  • Fratture ossee;
  • Contusioni, distorsioni o lussazioni;
  • Riabilitazione dopo l’impianto di protesi;
  • Difetti di postura;
  • Epicondiliti;
  • Scoliosi, dorso curvo e iperlordosi;
  • Traumi muscolari (strappi muscolari, lesioni, o contratture);
  • Lesioni parziali, o totali dei tendini;
  • Lesioni dei legamenti;
  • Infiammazioni articolari
  • Artrosi;
  • Artriti;
  • Tendiniti;
  • Rinforzo muscolare.

La fisioterapia ha svariati campi d’applicazione che si diversificano tra patologie ortopediche dell’apparato muscolo-scheletrico (e.g. traumi, infortuni, patologie croniche, degenerative, posturali, articolari, o funzionali) e patologie di origine neurologica (e.g. ictus, sclerosi multipla, Parkinson).

Il fisioterapista, inoltre, può intervenire nella riabilitazione resa necessaria da patologie respiratorie in bambini, adulti e anziani e può essere di supporto anche in casi di incontinenza, mediante degli esercizi specifici del pavimento pelvico.

La fisioterapia come strumento preventivo

L’attività che svolge il fisioterapista è a scopo preventivo, curativo e riabilitativo. E nonostante la prevenzione rappresenti un fattore importante per evitare la comparsa e/o il peggioramento di disturbi, sono ancora poche le persone che si rivolgono a questa figura professionale per scopi preventivi.

La prevenzione fisioterapica è atta sia a correggere abitudini scorrette che in futuro potrebbero evolvere in disturbi patologici, sia all’allenamento propriocettivo ed il rinforzo muscolare volti a prevenire infortuni, un aspetto di grande rilevanza anche per chi pratica un qualunque tipo di attività fisico-sportiva.

La fisioterapia nei bambini e negli anziani

In età pediatrica è molto frequente l’adozione di posture scorrette che potrebbero portare a problematiche piuttosto severe durante l’adolescenza, o l’età adulta. In questi casi, è utile che il medico curante consigli la fisioterapia a scopi preventivi.

Per quel che riguarda gli anziani, quella del fisioterapista è una figura professionale fondamentale non solo per la riabilitazione, ma anche per migliorare equilibrio e stabilità ed, in generale, per allenare il proprio corpo a preservare le capacità motorie e funzionali che permettono di svolgere le attività quotidiane.

La fisioterapia è una branca della medicina di importante supporto per una vita sana, non solo per persone anziane, o atleti, ma bensì per tutti, rappresentando un valido aiuto a qualsiasi età, soprattutto in un’ottica di prevenzione della comparsa di problematiche più gravi, o invalidanti.

“Giornata mondiale dell’udito”: l’importanza della prevenzione

Istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e ormai giunta alla sua decima edizione, ogni anno, il 3 marzo, si celebra il World Hearing Day”, la “Giornata mondiale dell’udito (e dell’orecchio).

Dato il significativo aumento dell’incidenza dei disturbi uditivi, l’obiettivo di questa giornata è quello di sensibilizzare i governi mondiali sull’importanza della cura dell’apparato uditivo, di prevenire le malattie dell’orecchio, diffondendo una corretta informazione sanitaria, e promuovere una vera e propria “rivoluzione” culturale.

L’udito, rappresentando una delle principali fonti attraverso cui recepiamo stimoli ed informazioni, è un senso fondamentale, nonché uno strumento d’interazione necessario per lo svolgimento delle attività quotidiane e sociali. Importante anche per il nostro senso dell’orientamento e per la nostra sicurezza, l’udito ci permette di percepire la presenza di potenziali pericoli.

Perdita dell’udito: tra calo fisiologico e rischi prevenibili

Il calo della capacità uditiva è una problematica comune che colpisce soprattutto le persone oltre i 55 anni di età, anche a causa dell’invecchiamento fisiologico a cui sono soggette le strutture dell’orecchio.

Non tutti sanno, però, che gli stimoli sonori mantengono il cervello attivo ed è anche per questo motivo che in età avanzata bisognerebbe poter contare su un buon udito. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrato un abbassamento della soglia di età nel manifestare problemi uditivi, un dato allarmante e probabilmente causato da una sempre maggiore e crescente esposizione al rumore, principalmente negli ambienti ricreativi. Ciò ha portato l’OMS a prevedere che, a causa di tali abitudini, oltre un miliardo di giovani di età compresa tra i 12 e i 35 anni rischia di perdere l’udito. L’esposizione prolungata a suoni ad alto volume ha portato anche a considerare come i deficit uditivi comportino conseguenze negative sull’istruzione e sul mondo del lavoro, riducendo notevolmente le prospettive di occupazione.

Udito: i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

Secondo gli esperti dell’OMS circa il 5% della popolazione mondiale convive con una perdita uditiva e le stime prevedono che, entro il 2050, una persona su quattro svilupperà una forma di diminuzione dell’udito.

In Italia sono 7 milioni le persone con problemi uditivi: il 54% non ha mai effettuato un controllo specifico e solo il 25% di coloro che potrebbero averne bisogno usa l’apparecchio acustico (nonostante l’87% di chi ne fa uso dichiari migliorata la propria qualità di vita).

Evidenze cliniche stabiliscono anche che oltre il 60% dei problemi di udito potrebbe essere identificato e affrontato a livello delle cure primarie attraverso l’integrazione tra il medico specialista e i servizi di assistenza primaria, operazione che condurrebbe a inconfutabili vantaggi alla persona. Gli stessi studi clinici evidenziano, inoltre, che la perdita uditiva non affrontata incide sull’economia planetaria con un costo pari a 980 miliardi di dollari all’anno nel settore sanitario. Maggior motivo per cui si è resa necessaria l’istituzione della suddetta giornata a livello mondiale.

I benefici del trattamento osteopatico

Dall’ipoacusia, alla labirintite, alle otiti, all’acufene, sono numerose le patologie a carico dell’orecchio, interessandone la parte esterna, o quella interna. Cause e sintomi sono di varia origine e natura, ma possono essere trattati preventivamente attraverso un approccio osteopatico.

Le tecniche manipolative dell’osteopatia possono, difatti, ripristinare il normale movimento delle ossa temporali, così come dell’intero meccanismo cranico. Possono, inoltre, migliorare il drenaggio linfatico, modificando l’apporto di sangue arterioso, e il drenaggio venoso, portando di conseguenza ad un incremento del fluido nell’orecchio medio, riducendo così il rischio di infezioni. Le manipolazioni osteopatiche, inoltre, sono utili al trattamento di ulteriori disturbi dell’orecchio, come le vertigini.

L’osteopatia può aiutare nella prevenzione di questi fastidi sia all’apparato uditivo, che a quello vestibolare e propriocettivo, che sono responsabili dell’informazione sullo status di accelerazione e posizione della testa e del corpo nello spazio.

Le tecniche manipolative eseguite dall’osteopata, finalizzate al riallineamento dei segmenti vertebrali e alla normalizzazione delle tensioni muscolari, possono sicuramente apportare benefici alle persone affette da acufeni, ridurre notevolmente i fattori di stress e, conseguentemente, migliorare la qualità della vita.

Disturbi “ATM” e l’approccio dell’osteopata

Anche il manifestarsi di disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), può provocare mal di orecchie, oltre che cefalea, mal di occhi e mandibola che si blocca. Per questi disturbi recettoriali il trattamento di designazione è l’osteopatia, la quale, interpretandone i segnali e comprendendone i bisogni, permette di intervenire sul sistema nervoso autonomo.

Escludendo problematiche più gravi, l’osteopata cerca di individuare le aree che creano un disequilibrio al corpo. Attraverso un approccio globale e olistico svolge un lavoro sulla colonna vertebrale, aiutandola laddove presenti una riduzione della mobilità, sul riequilibrio dell’apparato muscolo-scheletrico e del sistema cranio-mandibolare. Grazie alle manovre correttive, l’osteopata inquadra le esigenze del paziente, creando il programma terapeutico più adatto.

Sottovalutare l’importanza della sfera uditiva e atri problemi legati alla salute dell’orecchio è un errore, poiché si tratta di fattori in grado di influire sulla qualità della vita. Quando si presentano, non hanno soltanto un effetto sulla singola persona, ma colpiscono anche il contesto familiare, la vita sociale e la sfera relazionale e per queste ragioni diviene importante prevenire ed intervenire su disturbi e patologie, così da anticiparne e mitigarne i potenziali effetti negativi sulla vita di tutti i giorni.